ORDINI CATTOLICI A VENEZIA, RINASCIMENTO ED EPOCA MODERNA: 4° quaderno delle Scuole/Confraternite veneziane

introduzione del prof. Franco Tonon

L’invito dice che io introdurrò, e io allora cerco di introdurre. Non parlerò specificamente del volume di questa sera, come invece faranno i due relatori qui presenti, che hanno cortesemente accettato di farlo. Dopo il ringraziamento iniziale, mi proporrò  di illustrare  alcune caratteristiche della collana a cui questo volume appartiene e i fini,  palesi e reconditi,  che essa si propone.

Il ringraziamento è doveroso. Lo rivolgo con calore a tutti gli intervenuti a questo convegno, che con loro presenza stanno dimostrando il loro interesse verso la nostra iniziativa. Di incoraggiamento abbiamo sempre bisogno.

Caratteristiche palesi della collana. Essa vorrebbe essere una guida di Venezia un po’ diversa da quelle a cui siamo abituati,  che descrivono esaurientemente la Venezia esterna, quella che si vede: palazzi, chiese, campi. Queste guide  danno nomi, ci forniscono date: se uno sapesse bene quanto è contenuto in una di esse, anche modesta, avrebbe  una conoscenza  non superficiale della città.   Ma a noi interessa di più sapere in che in modo è nata quella Venezia che si vede: un Palazzo Ducale, o una basilica dei Frari non possono esser nati dal nulla. E allora: quali forze hanno permesso che si verificassero costruzioni così imponenti?  Dovevano essere forze straordinarie, anche considerando i tempi: e viene subito una seconda domanda: quelle forze ci sono ancora o appartengono ad un passato ormai tramontato?  Intuibili le risposte: le forze che hanno permesso la costruzione del Palazzo Ducale, cioè la Venezia politica del Medioevo e dell’epoca moderna, la Venezia potenza europea di primo piano, la Venezia dei mari, del commercio, dell’esplorazione: quella Venezia non c’è più. Ammiriamo quello che è stata capace di fare, forse possiamo anche avere nostalgia per quei tempi in cui il nome di Venezia incuteva rispetto e timore, ma tutto finisce qui, e questa Venezia, chiamiamola marittimo-politico-commerciale,  ormai tramontata,  non può rientrare nell’ambito di questa collana, che ha un altro orientamento.    Del tutto  diverse le cose se ci rivolgiamo alle costruzioni e alle istituzioni di ispirazione religiosa, alle quali sono dedicati i volumi della collana: qui il discorso si fa più complesso e lo svilupperemo fra poco. 

Destinatari della collana sono, in primo luogo e soprattutto, i veneziani.  Sappiamo che i veneziani amano la loro città; ma abbiamo anche la sensazione che talvolta non conoscano bene quello che hanno a portata di mano e che vedono ogni giorno quando escono da casa. Perché non aiutarli a conoscere meglio realtà e persone  che esistono, con le quali magari si può entrare in contatto, con cui si può parlare, a cui si può dare qualcosa e da cui si può ricevere qualcosa? Una delle caratteristiche della Venezia di un tempo era la voglia di conoscere, lo  spontaneo unirsi sul terreno comune: non lasciamo morire questa caratteristica, aiutiamola a vivere: si sta bene assieme, è naturale stare assieme  se c’è amicizia, se c’è  intesa, se si vogliono  fare le stesse cose.

E così ho introdotto surrettiziamente anche uno scopo di questa collana: favorire la coesione e  l’amicizia fra quelli che hanno una base comune e gli stessi intendimenti. Noi veneziani non sappiamo, in genere, neppure l’esistenza l’uno dell’altro: è ovvio e succede in ogni città. Ma Venezia è una città in cui questa barriera può con facilità essere in parte abbattuta, e molti posssono diventare  amici, se la pensano allo stesso modo e vogliono le stesse cose.  È successo a me, quando sono entrato nella confraternita di San Rocco e, anni più tardi, quando  i Guardiani delle Scuole Grandi hanno avuto la bontà di farmi coordinatore delle loro Scuole. Sono state bellissime  esperienze. Ne sono nate le amicizie, devo dire le care amicizie,  che ho adesso: ormai quasi  le mie uniche amicizie. Lo ricordo con gratitudine e commozione.

C’è poi un altro scopo recondito, che occupava buona parte di una prima  relazione da me progettata per questo incontro, ma che l’autorevole intervento di un collaboratore  mi ha suggerito di attenuare.

Il mio ragionamento era il seguente (qui comincia la sezione pessimistica, che però durerà solo una decina di  righe). Ora viviamo in un periodo che considero di totale sfascio morale. Se leggo quanto i quotidiani o certi settimanali mi dicono, se vedo certe fotografie pubblicate in essi, se  guardo – come per fortuna avviene molto di rado – quello che mi propina la TV, se leggo certe dichiarazioni di politici, quando sento le loro mistificazioni,  magari con qualche espressione blasfema a conclusione, mi sento assalire dalla depressione e dall’avvilimento. Non scendo a particolari: chi è d’accordo con me ne avrebbe a disposizione decine per dire che è proprio così; chi non è d’accordo non verrebbe certo convinto dalle mia parole, e tentare di convincerlo non rientra certo nelle mie intenzioni.  Il mio stato d’animo però non è improvvisato. Trenta, o anche solo vent’anni fa, era per me assolutamente inimmaginabile che l’atmosfera morale da cui siamo circondati e alimentati  potesse conoscere livelli di degrado come quelli a cui da anni e anni sono costretto quotidianamente ad assistere. Per me questa atmosfera è ammorbante e mi mette in profondo disagio,  anche perché non ne vedo via d’uscita, tranne forse quella che vedremo fra poco. E qui termina la sezione pessimistica. Intanto chiedo scusa se  involontariamente avessi offeso  la sensibilità di qualcono dei presenti. Ma il mio stato d’animo, che è anche la premessa del ragionamento che sto per fare, lo dovevo manifestare chiaramente, se no mi sarebbe mancata  la materia per continuare con il resto del ragionamento.

La via d’uscita, di cui prima parlavo, la leggiamo alla conclusione del Candido di Voltaire: “Bisogna coltivare il proprio giardino”. Fuori del tuo giardino non puoi far nulla, ma - il tuo- è tuo diritto e forse anche tuo dovere coltivarlo. L’aria avvelenata tenterà sicuramente di entrarvi; ma con opportuni accorgimenti puoi sempre cercare di difenderti e tenerla lontana. Non raggiungi questi risultati?  per lo meno avrai tentato di farlo. Non avrai niente da rimproverarti. I tuoi figli non avranno niente da rimproverarti.  Da quel giardino usciranno un giorno  persone che sono cresciute avendo respirato aria pulita.

La scoperta che ho fatto pensando nel loro insieme ai volumi della nostra collana è che noi,  qui a Venezia, un nostro giardino, un  giardino privilegiato, lo abbiamo tutti, solo che ci mettiamo in grado di entrarvi, di vivere, anche alla lontana, l’atmosfera che vi regna  e cerchiamo - per quanto possiamo – di farla  entrare nella nostra casa e nel nostro  modo di sentire.  Questo giardino è, per me, quella Venezia invisibile che i nostri volumi ci possono aiutare a scoprire dietro la Venezia visibile del turista. Non tirerei in campo tutta la Venezia invisibile: abbiamo già messo da parte la Venezia marittimo-politico-commerciale, ormai tramontata.  Ma la Venezia che emerge dai nostri volumi, 

la Venezia che è nata e si è sviluppata nell’intesa reciproca  di tutte le componenti della città e nell’assistenza ai bisognosi, (1° vol.: Scuole a Venezia. storia e  attualità), 

la Venezia che ha coltivato voglia e capacità di convivenza, rispettando e cercando di comprendere (2° vol.: Fedi religiose e culture),

la Venezia che ha capito quanto  il silenzio, il raccoglimento, e - se non offendo qualcuno - la preghiera siano più importanti dello strepito (3° vol.: Ordini religiosi cattolici a Venezia: i primi secoli), 

la Venezia che ha visto nei giovani non una risorsa economica  da condizionare e sfruttare, ma un’eredità da far crescere nel bene (4° vol.: Ordini religiosi cattolici a Venezia: Rinascimento ed epoca moderna):

questa Venezia c’è ancora, è la nostra ricchezza vera, quella che abbiamo ricevuto  in eredità perché la trasmettessimo intatta e più forte a chi viene dopo di noi. Qui non si tratta di religione sì o religione no: qui sono in gioco quei fondamenti di civiltà in cui Venezia ha detto e può ancora dire qualcosa e ai quali non possiamo rinunciare se vogliamo restare persone civili.

Questo è – solo in parte, naturalmente  -  il contenuto dei libri delle nostre scuole, l’ultimo dei quali ci verrà ora illustrato dai due illustri Relatori qui presenti,  senza i quali questa collana non sarebbe nata:  mons. Orlando Barbaro, Vicario episcopale per la Santificazione ed il Culto e Delegato Patriarcale per le Scuole Grandi, e il  prof. Giuseppe Goisis, prof. Ordinario di storia della filosofia politica, e politica dell’etica, nella nostra università di  Ca’ Foscari. Li ringraziamo di cuore per la loro  presenza, per  tutto quello che hanno fatto e per la loro disponibilità.