Franco Posocco, guardian grando della Scuola Grande di San Rocco

Come vedete la Scuola Grandedi San Rocco è molto giovane, dato che ha solo 500 anni di vita. La sua vicenda ha abbastanza del miracoloso, perché a tutt’oggi non abbiamo spiegazione di questo atteggiamento benevolo del Bonaparte o, meglio, di Eugenio Beauharnais che era il figliastro (in quanto figlio di Josephine). Era il Vicerè in Italia che emanò questa legge di salvataggio della Scuola di San Rocco. Ma a me interessava quello che ha detto il vostro presidente all’inizio, quando ha messo in evidenza il carattere di queste Scuole nell’ordinamento giuridico di questa sorta di paleo-democrazia o di semi-democrazia che era la Repubblica di San Marco.

E quindi più che dirvi della Scuola, che penso tutti conoscano, dato che si trova in un luogo,  attraversato quotidianamente da gran parte dei veneziani. Per questa ragione recentemente abbiamo pensato di mettere una lista di marmo con la scritta che ricorda che cento anni fa è stato abbattuto il muro che chiudeva il Campo. Era un Campo cerimoniale, un Campo privato, tutto sommato come quello di San Giovanni qui fuori. E questo campo è diventato uno dei principali percorsi che si fanno in città, per andare dai nuovi ingressi: Ferrovia e P.le Roma che sono recenti, al centro della città.

Credo che tutti sappiano che lo  Scarpagnino che l’ha edificata è stato uno dei grandi architetti del Cinquecento, una sorta di Renzo Piano, anche per il numero di incarichi che aveva nel periodo, e che una volta  concluse le opere edilizie, arrivò Tintoretto che si fermò per quasi trent’anni, praticamente da solo, lasciando qualcosa come sessantadue o sessantatre quadri. Si discute sul numero perché l’attribuzione di qualche opera è controversa.

Perché mi piace ricordare quello che ha detto il vostro Presidente? Perché in realtà questa era una  associazione laicale (Scuola come è stato detto prima, deriva dal greco-bizantino Scholè, cioè sodalizio, associazione, congregazione). Queste Scuole sono una delle strutture dell’autonomia di un ceto importante com’era il ceto cittadinesco: i borghesi a cui, è stato prima ricordato, era delegata l’assistenza. Lo Stato faceva la politica estera, la guerra, curava l’economia e la sicurezza, quindi le grandi decisioni statuali, ma non certamente questo tipo di attività.

Ecco che questa autonomia di gestione della beneficenza e dell’assistenza, in occasione delle malattie e della peste, assicurava il sostegno allo Stato nei momenti di bisogno. Le famose galere che vengono armate appositamente per Lepanto ad esempio, dove le principali Scuole, mi pare tre, sono presenti avendo pagato il personale, gli schiavoni ed altri che facevano i rematori liberi, quelli che poi hanno deciso della battaglia perché non essendo incatenati, come quelli delle navi turche, hanno potuto intervenire e quando sono stati armati per l’assalto finale, hanno combattuto per Venezia.

Quello delle Scuole è un messaggio di autonomia che le rende un servizio indispensabile nella struttura di uno Stato che non abbia i caratteri di uno Stato assoluto. Venezia non  è mai stata una struttura politica come la Francia di Luigi XIV, dove il Re Sole, lo diceva anche una celebre frase, era l’interezza dello Stato.

E questo messaggio è quello che a mio avviso rende Venezia una città diversa, vorrei dire più aperta e libera tuttora rispetto alle altre comunità che debbono costruirsi la struttura della democrazia. Qui in realtà queste strutture della democrazia e dell’autogoverno sono sopravvissute anche alla tempesta napoleonica e secondo me questa è la prova del nove della loro importanza. Le altre devono darsi le strutture, come i Lions, il Rotary e altre ancora. Anch’io faccio parte di una di queste, ma mi rendo conto che i limiti di queste associazioni, sono i limiti di una rappresentanza di ceto, e di una volontà di contributo  intellettuale o anche materiale all’interno di una condizione  ben definita.

Le Scuole invece, le Scuole Grandi soprattutto di Venezia,  sono strutture operanti che tuttora hanno la capacità, se scoprono questa loro vocazione antica, di essere elemento di qualificazione della cittadinanza. Possono e, secondo me devono, e cercano in questo momento di essere unite,  tanto è vero che ci avete visto qui uniti in un coordinamento, e per primo ha parlato il nostro coordinatore. Siamo delle strutture nelle quali l’istanza del volontariato è anche quello di sporcarsi le mani nell’attività. Qui non è presente la Misericordia che è nata nell’Ottocento, sia pure come una Confraternita che svolge un’attività addirittura all’interno di una vocazione, come quella antica del disporre di un ambulatorio, di una struttura di assistenza e cura del prossimo.

Ecco nel momento in cui la società sempre più complessa e sempre più in difficoltà, come vediamo nelle sue strutture, ha bisogno della partecipazione, della presenza di cittadini motivati dal loro intimo nel voler essere presenti come volontari, le Scuole sono naturalmente strutture che da più tempo hanno svolto questa funzione e, pur con i limiti di una condizione economica che non è più quella antica, quando disponevano di una quantità di beni assai rilevante, ora però possono e, secondo me devono far valere questo loro impegno. Ecco che questa è una esperienza addirittura esportabile rispetto a Venezia, e queste esperienze devono essere all’interno di una partecipazione che sia volontà di civismo, così lo chiamerei.

Il civismo è quello della partecipazione attiva all’interno di una società che vediamo sempre più “egoista” sempre più votata all’individualismo. Il Papa Benedetto XVI espone i limiti del relativismo che è la condizione più degradata  dell’intellettualità, quella del “ognuno faccia quello che vuole” che può voler dire anche “si salvi chi può”. Ecco in questa situazione le Scuole si stanno organizzando per essere un luogo della cultura con l’esposizione di beni. Infatti stiamo costituendo una catena dell’offerta al cittadino straniero che arriva in città che noi pensiamo debba essere accolto in un modo un po’ più qualificato di quanto non faccia ora la città. E mi fermo qui, perché ciascuno di noi penso sia in grado di valutare quanto sia rapace il modo in cui questa si comporta.

Nei confronti delle difficoltà che noi sappiamo essere tante, ciascuna Scuola, compresa la nostra, fa quello che può, ma vi posso dire che, cumulando queste presenze di solidarietà, si tratta di un’entità di intervento abbastanza importante, che viene svolto sia attraverso una elargizione economica, ma che può essere fatto anche andando a trovare una persona che vive da sola, non può scendere dal quarto piano per prendere il pane o il latte la mattina. Le povertà e le difficoltà, cioè, sono di diversi tipi.

Certamente noi, non ho difficoltà a dirlo, ci ispiriamo alla fede cattolica: le Scuole hanno questa ispirazione. Ma siamo convinti che la condivisione dell’umanesimo oggi sia una condizione che coinvolge tutti, che il messaggio che una società frantumata come questa e, diciamo pure, egoista per usare un termine onnicomprensivo di cose anche peggiori di questo, perché vediamo che l’egoismo arriva anche a forme di brutalità e di corruzione e di vergognose espressioni, ecco in tutto questo noi pensiamo che anche il laico, non soltanto il prete, abbiano il diritto di dire qualcosa che coinvolga tutti.

Tutte le persone con cui si  vive assieme, ma soprattutto i più giovani, gli emarginati, quelli che arrivano e non sono accolti e così via. Ecco questo pensiamo sia il messaggio delle Scuole: quello di raccogliere i cittadini che pensano e credono in modo analogo, che pensano che il nostro destino in questa città possa essere un poco migliore di quanto non sia, e soprattutto che vedano Venezia come una grande offerta a tutto il mondo, come la città nella quale ancora si gira per le strade a piedi e non in macchina, in cui si incontra una persona che si conosce, la si saluta e si dice qualcosa e si riceve un messaggio. E questi sono gli aspetti di salvezza anche dell’umanità che valgono per tutti compresi quelli che credono di meno o che non credono affatto. Certo che la parola credere ha al suo interno un che di misterioso e non andrei tanto a spingermi su questo lato. Infatti vi è una convinzione e una buona volontà.

Ecco questo è il compito delle Scuole e spero che nel futuro possa essere sempre maggiore al di là delle disponibilità economiche, perché è la volontà che crea le condizioni di partecipazione. A questa tutti quanti, senza farsene vanto, possano partecipare al fine di rendere la convivenza umana migliore.